L’Ideologia del Dicastero per la dottrina della fede e l’appello della coscienza nella Chiesa


Introduzione

Di solito associamo l’appello o l’obiezione di coscienza all’ambito secolare sottintendendo il diritto di un individuo o di un gruppo di persone a rifiutarsi di fare qualcosa che va contro la voce di Dio che sentono in sé stesse. L’insegnamento morale conferma che la coscienza è il luogo più intimo dell’incontro tra Dio e l’uomo e pertanto va sempre rispettato. In pratica, si tratta molto spesso del rifiuto di medici ed altri operatori sanitari e persino di intere organizzazioni, di partecipare all’esecuzione di un aborto intenzionale, alla procedura di concepimento artificiale o, per esempio, più recentemente di quella che viene chiamata la transizione delle persone transgender. Sebbene numerosi documenti giuridici riconoscano espressamente il diritto di fare appello alla coscienza, ad esempio il documento dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa del 2010, intitolato Risoluzione 1763 (articolo 1), il Codice etico delle ostetriche (2010, articolo 3, n. 20), la Legge sull’assistenza infermieristica (2011, art. 3), la Legge sulla fecondazione medicalmente assistita (2012, art. 44), la Legge sulla professione medica (2013, art. 20), la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (2010, art. 10) ecc., nella pratica è decisamente poco rispettato. Tuttavia, data la forza dirompente dell’ideologia di Genere e Woke si può in qualche modo comprendere tale violenza contro l’identità umana quando si tratta di ambiti secolari, ma sembra che presto dovremo affrontare seriamente gli stessi problemi anche all’interno della Chiesa.

Il Genere e l’ideologia woke alla porta della Chiesa

Allo stesso tempo, pensiamo soprattutto a tutte quelle richieste che sono state avanzate nella sessione di ottobre del Sinodo sulla sinodalità e che mostrano come i vertici della Chiesa di oggi possano essere promotori decisivi delle ideologie sopra menzionate, e ancor più abbiamo alla mente la concretizzazione di tale promozione che vediamo nella risposta del Dicastero per la Dottrina della Fede pubblicata il 7 novembre 2023. Si tratta della risposta alle domande, quella del 14 luglio 2023, indirizzate a tale organismo ecclesiale dal vescovo José Negri di Santo Amaro in Brasile, e riguardano la possibilità di partecipazione delle persone transgender e omoaffettive ai sacramenti del battesimo e del matrimonio. La risposta è stata firmata da Papa Francesco e dal nuovo capo del Dicastero per la Dottrina della Fede, il cardinale Victor Manuel Fernández, ed è datata 31 ottobre 2023.

Da questa risposta ne consegue che mons. Negri ha posto queste domande:

1. Una persona transessuale può essere battezzata?
2. Una persona transessuale può essere padrino o madrina di un battesimo?
3. Una persona transessuale può essere testimone di nozze?
4. Due persone omoaffettive possono presentarsi come genitori di un bambino da battezzare, adottato o ottenuto con altri metodi come l’affitto di un utero?
5. Una persona omoaffettiva che vive in una relazione può essere padrino o madrina al battesimo?
6. Una persona omoaffettiva che ha una relazione col suo partner può essere testimone di matrimonio?

All’inizio della Risposta si precisa che si tratta sostanzialmente di una ripetizione di quanto questo Dicastero ha già affermato in passato, infatti, si rinvia alla Nota confidenziale su alcune questioni canoniche relative al transessualismo del 21 dicembre 2018. Visto però che tale Nota è protetta dal segreto pontificio, l’opinione pubblica non è a conoscenza del suo contenuto diretto né si può valutare se vi sia qualche discrepanza tra i due documenti. C’è certamente una uscita rispetto all’istruzione della Congregazione per la dottrina della fede, Pastoralis actio del 1980, pubblicata all’epoca in cui ne era a capo il cardinale Franjo Šeper e che tocca una parte delle questioni sollevate. Notiamo una deviazione ancora maggiore, o meglio l’esatto contrario, nella risposta della Congregazione per la Dottrina della Fede al vescovo spagnolo Rafael Zornoza del 1° settembre 2015, in cui Papa Francesco ha dato una risposta opposta a quella attuale. Sulla base di ciò si può stabilire di fatto che la Risposta non rappresenta la continuità dell’insegnamento della Chiesa, ma una rottura con esso, e che le ragioni per cui l’indicata Nota confidenziale è rimasta avvolta nel segreto pontificio sono dubbie. In aggiunta a quanto sopra, vorremmo sapere se i termini ideologici di genere “transessuale” e “persona omoaffettiva” siano stati utilizzati originariamente nei dubbi di mons. Negri o nella risposta del cardinale Fernández e perché si ritrovano in un solo documento ecclesiastico. (A causa della loro menzione nella Risposta del Dicastero, dobbiamo usarli anche qui, ma in segno di non accettazione li segniamo in corsivo.)

In linea di principio si può dire che le risposte del Dicastero per la Dottrina della Fede a tutte le domande poste sono affermative, anche se per alcune delle situazioni possibili è richiesto un certo tipo di discernimento. Tutte le risposte date presentano gravi carenze teologiche e sono abbastanza compromettenti sia per Papa Francesco che per il cardinale Fernández e il Dicastero. Di seguito segnaliamo ciò che risulta particolarmente problematico.

Sulla risposta alla domanda: se le persone transessuali
e omoaffettive possono fare i testimoni al matrimonio

Data la loro relativa semplicità, iniziamo con le risposte alla terza e alla sesta domanda, le quali affermano che non esiste alcun divieto nel diritto ecclesiastico per una persona transessuale o una persona omoaffettiva che vive in una coppia di essere testimone di un matrimonio. Questa risposta è conforme ai canoni della Chiesa e può sorgere confusione se i padrini vengono confusi con i testimoni nel linguaggio quotidiano. Infatti, perché il matrimonio sia valido è necessaria la presenza di due testimoni (Codice di Diritto Canonico, can. 1108 § 1), e il loro ruolo non va oltre il livello della testimonianza. In altre parole, tutto ciò che è stabilito per ogni altro testimone vale anche in caso di sua presenza al matrimonio. Così il Codice di Diritto Canonico al can. 1550 § 1 prevede che il testimone debba avere almeno 14 anni e possedere le capacità mentali necessarie per poter comprendere e testimoniare ciò che ha visto. In questo senso non è necessario che sia cattolico e nemmeno credente, quindi, sia una persona transessuale che una persona omosessuale possono essere testimoni ad un matrimonio in chiesa alle stesse condizioni. Un’altra cosa è che la gente vede i testimoni del matrimonio come padrini del matrimonio, quindi può sembrare inappropriato, persino portare allo scandalo, se gli sposi scelgono qualcuno che vive in peccato pubblico o insulta in qualche altro modo la sacralità dello spazio e del sacramento.

In questa luce, diremmo che transessuali e omosessuali possono essere testimoni di nozze, ma la questione è quanto ciò sia pastoralmente prudente. Ci sembra che sarebbe saggio se questa parte fosse inserita nella risposta del Dicastero. Soprattutto se si tiene conto che ciò apre spazi a possibili manipolazioni, per cui ci si può aspettare, ad esempio, che ci saranno fidanzati che sostengono l’ideologia di genere e che sceglieranno deliberatamente persone transessuali e omosessuali come testimoni per fare pressione sulla Chiesa. La grande domanda è se, di fronte a questa risposta del Dicastero e in vista del possibile scandalo, qualche sacerdote potrà fare appello – davanti alla Chiesa, non davanti alla società – alla coscienza e rifiutarsi di partecipare a qualcosa che sente in contraddizione con la voce di Dio che sente dentro di sé. Non a caso la cura pastorale è stata finora impegnata ad insegnare ai promessi sposi a scegliere degni testimoni per le nozze, e sembra che questa risposta apra la porta a tante altre possibili situazioni inappropriate.

Inoltre, è difficile prevedere quali inconvenienti deriveranno per la Chiesa e per i fedeli dall’interpretazione della Risposta da parte dei media secolari, che l’hanno presentata come una svolta attraverso la quale il Vaticano si apre all’accettazione delle persone transessuali e omosessuali. Guardando dal punto di vista dei credenti, non possiamo giungere ad altra conclusione se non che la Chiesa sotto la guida di Papa Francesco e del Prefetto cardinal Fernández si apre a tutti i tipi di peccati contro il Sesto comandamento di Dio.

Sulla risposta alla domanda: se una
persona transessuale può essere battezzata

Alla prima domanda del vescovo Negri, il Dicastero ha risposto che un transessuale e con questo termine si intende anche una persona che ha subìto un trattamento ormonale o un intervento chirurgico per cambiare sesso, può ricevere il sacramento del Battesimo alle stesse condizioni di tutti gli altri credenti, se non c’è pericolo di causare scandalo e confusione nel popolo di Dio. Inoltre, nella risposta, si distingue tra la situazione morale oggettiva e l’apertura soggettiva alla grazia, cioè si ricorda l’insegnamento della Chiesa secondo il quale una persona che riceve il sacramento senza pentirsi dei peccati gravi riceve comunque il carattere sacramentale, anche se non la grazia sacramentale. Nel farlo si richiama a san Tommaso d’Aquino e a sant’Agostino, i quali insegnavano che anche in chi riceve il battesimo senza essere nelle giuste condizioni, il carattere sacramentale, quando scompaiono gli ostacoli alla grazia, porta a ricevere la grazia. Poi cita l’interpretazione di papa Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium del 24 novembre 2013, dove al numero 47 si dice che «nemmeno le porte dei Sacramenti si dovrebbero chiudere per una ragione qualsiasi”, poiché la Chiesa non è una dogana ma una casa paterna in cui c’è posto per ognuno con la sua vita faticosa. Infine, conclude che ciò vale anche quando una persona non è adeguatamente disposta o vive in uno stato di peccato, e anche quando non ha la completa intenzione di correggersi, perché l’amore di Dio e la sua misericordia trascendono tutto questo. Vale a dire, l’assenza dell’intenzione di una persona di rinunciare al peccato nella risposta viene interpretata come una debolezza della natura umana, secondo la quale c’è un’alta probabilità che ricada di nuovo nel peccato nonostante la decisione di non peccare più.

Nella risposta a tale domanda si riscontrano un gran numero di ambiguità, per cui non è possibile valutare se il Dicastero abbia risposto affermativamente o negativamente alla domanda.

Ecco le domande in ordine:

1. Ricevere il sacramento del Battesimo alle stesse condizioni di tutti gli altri credenti

Innanzitutto, consideriamo l’affermazione: “Le persone transessuali possono ricevere il sacramento del Battesimo alle stesse condizioni di tutti gli altri credenti”.

Il Codice di Diritto Canonico nel can. 864 dice che: «È capace di ricevere il battesimo ogni uomo e solo l’uomo non ancora battezzato”, ma subito dopo, nel canone successivo, determina quanto segue:

can. 865 – § 1. “Affinché un adulto possa essere battezzato, è necessario che abbia manifestato la volontà di ricevere il battesimo, sia sufficientemente istruito nelle verità della fede e sui doveri cristiani e sia provato nella vita cristiana per mezzo del catecumenato; sia anche esortato a pentirsi dei propri peccati”.

Una persona transessuale può adempiere ai doveri che le vengono posti: chiedere il battesimo, frequentare il catecumenato e durante questo essere istruita nelle verità della fede e sui doveri cristiani, può anche essere provata nella vita cristiana, ma la questione è se può davvero superare quella prova, poiché non si accetta come immagine di Dio e figlio di Dio, cioè rifiuta il dono di Dio della vita nel corpo che il Creatore gli ha dato. In questo senso, il desiderio di cambiare genere è in sostanza una sorta di ribellione contro il Creatore e una negazione della verità rivelata fin dalle prime pagine delle Sacre Scritture: che Dio ha creato ogni essere umano come maschio o femmina. Si potrebbe dire che attraverso il processo di transizione, una persona mostra dubbi sulla correttezza della decisione di Dio di crearla come tale e ha la necessità di correggere il Creatore stesso. Ne consegue che una persona transessuale può in teoria imparare quali sono i doveri cristiani, ma in realtà li disprezza e quindi non può superare la prova della vita cristiana. Poiché il Dicastero afferma che una persona transessuale può essere battezzata alle stesse condizioni di tutti gli altri credenti, e tutti gli altri credenti sono sottoposti alla condizione di accettare la vita cristiana e i doveri cristiani, ne consegue che secondo questa risposta non è lecito battezzare una persona transessuale. Tuttavia, la chiarezza sembra essere stata volutamente evitata, per fornire ai media la risposta desiderata.

2. Il pericolo di scandalo e di confusione tra i credenti

Nella prima risposta si afferma inoltre che una persona transessuale può essere battezzata se non c’è pericolo di scandalo e di confusione tra i credenti. Poiché la risposta è già scandalosa per molti e provoca confusione in molti, non vediamo la possibilità che qualunque persona che si presenta come un transessuale possa essere battezzata senza causare le stesse conseguenze. In altre parole, anche la notizia che una persona del genere sia stata battezzata alla fine del mondo, per non parlare della propria comunità parrocchiale, crea confusione. Pertanto, concludiamo che questa parte della risposta dovrebbe essere interpretata anche nel senso che non è consentito battezzare una persona transessuale nemmeno per questo motivo, fintantoché persiste a vivere in un altro genere o “identità di genere”.

3. Riferimento all’autorità di S. Tommaso e S. Agostino

Gli argomenti con cui si invoca l’autorità di san Tommaso e di sant’Agostino non sono affatto applicabili, perché si riferiscono all’operazione della grazia dopo, e non prima, del battesimo. In altre parole, è comprensibile che la grazia di Dio possa operare successivamente in una persona erroneamente disposta a ricevere il sacramento, ma ciò non può essere preso come una giustificazione che coloro che stanno per ricevere il sacramento possano farlo persistendo nel peccato di disprezzare il proprio sesso biologico, aspettando con presunzione di ottenere una volta la grazia sacramentale.

4. La chiesa vista come una dogana o una casa di tolleranza

Ecco perché le parole del Papa secondo cui “la porta dei sacramenti non deve essere chiusa per alcuna ragione” si discostano essenzialmente dagli insegnamenti della Chiesa, perché il Codice di Diritto Canonico al can. 843 § 1 interpreta che il diritto ai sacramenti non è assoluto, il che significa che non ogni credente ha il diritto di esigere e ogni ministro consacrato il dovere di amministrare i sacramenti a tutti, ma solo a coloro che opportunamente li richiedono e sono debitamente disposti e non sia loro proibito dal diritto di riceverli. Se secondo il Papa la Chiesa non è una dogana, aggiungiamo che non dovrebbe essere nemmeno una casa di tolleranza. Per questo siamo d’accordo col Papa che la Chiesa è una casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa, tenendo conto che una vita peccaminosa non va confusa con una vita faticosa e che l’amore paterno spesso implica disciplina.

5. Il vero significato dell’amore paterno

In questa luce, l’amore paterno vede chiaramente che il transessualismo ha colpito soprattutto adolescenti, giovani uomini e donne che non sono sufficientemente edificati fisicamente, mentalmente e spiritualmente, che si sentono confusi a causa della propaganda dell’ideologia gender e possono facilmente cadere nella rete di coloro che causeranno loro danni irreparabili per scopi materiali e di altro tipo e danni per tutta la vita. La Chiesa vigila su questi deboli, li aiuta ad edificare la loro identità personale con la luce della Parola di Dio e fa di tutto per liberarli dalle grinfie di coloro che li ingannano. Il dramma della coscienza che queste persone a volte sperimentano è evidenziato dal fatto che è sempre più crescente il numero di quelli che decidano di denunciare i medici che li hanno castrati, perché hanno distrutto la loro salute fisica e mentale. Promuovendo un’ideologia di genere come questa, la Chiesa corre anche il rischio di essere denunciata in futuro da qualcuno per ragioni simili.

Contrariamente alla comprensione nei confronti degli adolescenti transessuali, le persone transessuali adulte scelgono di peccare con piena consapevolezza e libertà, e questo non dovrebbe essere giustificato con l’argomento teologicamente errato secondo cui la misericordia di Dio copre tutto e giustifica tutto. In particolare, non dovrebbe essere interpretato come una debolezza della natura umana che rende probabile che una persona cada nel peccato anche se ha preso la decisione di non peccare. ​Nel caso delle persone transessuali adulte non esiste affatto una tale decisione, ma esiste un impegno cosciente e deliberato verso uno stile di vita peccaminoso ed è per questo che l’argomentazione del Dicastero è inapplicabile ed essenzialmente ipocrita.

Tutto sommato, la risposta offerta dal Dicastero per la Dottrina della Fede alla domanda se una persona transessuale possa essere battezzata non è chiara e rischia di portare a una pratica disomogenea. I media faranno la loro parte affinché siano sempre più numerosi i vescovi che consentiranno il battesimo dei transessuali. Resta la domanda: quale sarà l’effetto sui sacerdoti che non si sottometteranno a un simile, eventuale, provvedimento.

Sulle risposte alla domanda: se i transessuali e
le persone omoaffettive possono essere padrini al battesimo

Alla seconda domanda – se una persona transessuale possa essere padrino o madrina al battesimo, il Dicastero per la Dottrina della Fede ha risposto affermativamente, a condizione che ciò non susciti scandalo o confusione tra i credenti. Questa risposta potrebbe essere pacatamente chiamata buffonata teologica, perché, a parte il fatto che tale accesso porterebbe sempre allo scandalo e alla confusione almeno in una piccola parte dei fedeli, in essa il Papa si contraddice. Ciò si evince chiaramente dalla già citata risposta della Congregazione per la Dottrina della Fede al vescovo Rafael Zornoza del 2015, in cui si afferma chiaramente con queste parole che le persone transessuali non possono essere padrini al battesimo:

“Su questo argomento le comunico l’impossibilità di ammetterla. Lo stesso comportamento transessuale rivela pubblicamente un atteggiamento contrario all’esigenza morale di risolvere il proprio problema di identità sessuale conformemente alla verità del proprio sesso. Per questo risulta evidente che questa persona non possiede il requisito di condurre una vita conforme alla fede e l’incarico di padrino (Codice di Diritto Canonico, can. 874. § 1., punto 3), non potendo dunque essere ammesso a rivestire né il ruolo di madrina né quello di padrino. Non si tratta di una discriminazione, ma soltanto del riconoscimento di una mancanza oggettiva dei requisiti che per sua natura sono necessari per assumersi la responsabilità ecclesiale di essere padrino.”

Ci sembra che qui non ci sia più nulla da aggiungere o da togliere, se non ripetere che due risposte del Papa del tutto contraddittorie non possono essere valide contemporaneamente. In nessun modo viene indicato che la risposta a mons. Zornoza cessi di essere valida e per questo riteniamo che la nuova interpretazione non sia vincolante per nessuno. Secondo gli attuali discorsi pubblici del Papa, non sembra essere affetto da senilità, quindi è difficile credere che abbia trascurato il modo in cui ha risposto prima alla stessa domanda. Alla luce di ciò, si sospetta che la nuova risposta sia stata offerta deliberatamente, con la certezza che i media saranno felici di presentarla al pubblico sotto forma di notizia che il Vaticano ha approvato che i transessuali possono essere padrini al battesimo, omettendo di menzionare la precedente risposta.

In ogni caso, a causa della sua contraddizione, questa risposta non vincola nessuno e qualsiasi sacerdote che in coscienza rifiuti di ammettere transessuali come padrini può a pieno diritto fare riferimento alla risposta di mons. Zornoza. Allo stesso modo, alla luce della risposta della Congregazione, tutte le ragioni sopra esposte valgono anche per le persone omosessuali, il che significa che non solo i transessuali, ma anche le persone omoaffettive non possono essere padrini al battesimo, indipendentemente da ciò che ora si può concludere diversamente dalla risposta poco chiara data al Vescovo Negri.

Sulla risposta alla domanda: se due persone omoaffettive
possano presentarsi come genitori di un bambino da battezzare,
adottato o ottenuto con altri metodi come l’affitto di un utero

La risposta del Dicastero alla questione della genitorialità di persone omoaffettive che vogliono battezzare un bambino che non è biologicamente loro ma che lo hanno ottenuto con metodi moralmente inaccettabili è molto breve e recita così: «Per battezzare un bambino occorre dover esserci una speranza fondata che esso sia educato nella fede cattolica». Si fonda sul diritto ecclesiastico (cfr. Codice di Diritto Canonico, can. 868 § 1 e 2), ma in questo caso non risolve i molteplici dubbi contenuti nella domanda. Pertanto, il Dicastero non ha risposto affatto all’ambiguità se le persone omoaffettive possano essere considerate genitori di un bambino che vogliono battezzare, non ha nemmeno toccato la questione dell’adozione di bambini da parte di partner omosessuali, della discutibilità morale delle madri surrogate, della procedura di concepimento artificiale e ad altri metodi, e alla questione se sia possibile battezzare i figli di partner omoaffettivi non ha offerto un’interpretazione sulla possibilità che possa mai esistere una speranza fondata che essi educhino un figlio nella fede cattolica.

A giudicare dalla breve indicazione e dalle risposte alle altre domande, il Dicastero presume che alcune persone omoaffettive possano offrire una speranza fondata di educare un figlio nella fede cattolica, ma avrebbe dovuto offrire anche argomenti per questo. Infatti, sulla traccia della risposta che questa stessa Istituzione, una volta diede al vescovo Zornoza, è difficile supporre che possa esistere una speranza fondata per persone che vivono persistentemente in uno stato di peccato e non hanno alcuna intenzione di rinunciarvi. Noi siamo della opinione che la risposta a questa domanda sarebbe negativa. Non è superfluo ricordare qui che in Croazia, più di un anno fa, è stato avviato un dibattito pubblico proprio sulla questione in oggetto di questa interrogazione e da ciò si poteva concludere che anche i teologi sono divisi. In quell’occasione abbiamo pubblicato un’ampia analisi in croato e in inglese, basandoci sui libri liturgici e altri documenti ecclesiastici, sulla base della quale abbiamo concluso che i partner omosessuali non possono offrire una speranza certa che il bambino sarà educato nella fede. Di questo parla anche il già citato documento della Congregazione per la Dottrina della Fede, Pastoralis actio. Nello stesso testo abbiamo offerto risposte ad altri dubbi derivanti da questa domanda di mons. Negri alle quali rimandiamo il lettore interessato.

Conclusione

Tirando le somme, la Risposta del Dicastero per la Dottrina della Fede appare piuttosto ideologizzata. Nessuna questione viene esplicata con sufficiente chiarezza o con sufficiente argomentazione teologica, tanto che non si può dire che sia eretica, ma è comunque sufficientemente precisa affinché i media secolari la interpretino alla luce della promozione dell’ideologia gender, e i singoli vescovi approvino senza alcun criterio tutto quello che ha chiesto il vescovo Negri. Per quanto riguarda i documenti ecclesiastici precedenti, si nota una  discontinuità, ad eccezione della Nota segreta del 2018, che conterrebbe sostanzialmente tutto ciò che ora si è ripetuto. Se è così, ci chiediamo se vi sia spazio per dubitare che sia stata emanata allora solo per potervi ora, con autorità, farvi riferimento. Inoltre, il fatto che Papa Francesco smentisca sé stesso pubblicando risposte del tutto contraddittorie è particolarmente problematico, e c’è il legittimo sospetto che ciò non sia casuale.

Alcuni, infatti, avvertono che il Sinodo sulla sinodalità è allineato e subordinato agli obiettivi dell’Agenda ONU 2030, e in questo contesto, soprattutto a quello relativo al raggiungimento dell’uguaglianza di genere. In tutto ciò si riconosce anche il metodo noto come finestra di Overton. Si tratta di fasi ben pensate per sensibilizzare le persone in modo che, per un lungo periodo di tempo, qualcosa che sembrava loro del tutto inaccettabile alla fine diventi desiderabile. Sebbene in origine si trattasse di un programma politico che si realizzava attraverso sei passaggi in modo da rimodellare gradualmente l’opinione pubblica, possiamo seguirli chiaramente nella Chiesa dall’inizio del pontificato di Papa Francesco fino ad oggi. Inoltre, in molti settori non c’è confine tra ciò che appartiene all’ambito ecclesiale e a quello sociale.

Si tratta di termini in questo ordine: inimmaginabile, radicale, accettabile, ragionevole, popolare e predefinito. Così, ad esempio, prima di papa Francesco era impensabile anche solo discutere le domande poste da mons. Negri, per non parlare delle risposte del Dicastero, perché i fedeli unanimamente lo consideravano un peccato, ma oggi la situazione è sostanzialmente diversa. Innanzitutto, sono state presentate idee radicali nel percorso sinodale tedesco, poi è stato offerto un percorso sinodale riconosciuto come più moderato, il che lo ha reso accettabile. A causa del ruolo di Papa Francesco e attraverso i media, molte delle proposte, anche se radicali, sono sembrate col tempo ragionevoli e coloro che si sono rifiutati di accettarle come tali sono stati etichettati come fanatici e presentati pubblicamente come insensibili, irragionevoli, coloro che non hanno lo Spirito Santo ecc., utilizzando il metodo della cultura della cancellazione. Alla fine, ciò che fino a non molto tempo fa era inimmaginabile oggi è diventato popolare, così, ad esempio, dopo la Risposta del Dicastero per la Dottrina della Fede, ci si può aspettare un grande aumento nelle file dei cattolici transessuali e omoaffettivi e, dopo la conclusione del Sinodo, che questo diventi un compito, cioè che la Chiesa cambi i suoi insegnamenti.

Sorge quindi la domanda su come tale ideologizzazione offerta dai vertici della Chiesa influenzerà quei sacerdoti che si identificano come ortodossi e conservatori e a giudicare da alcune ricerche sembra che questa sia una tendenza tra le vocazioni più giovani, almeno in America. Può così accadere che molti di loro, in coscienza, non vogliano affatto battezzare una persona transessuale o omoaffettiva, né permetteranno che siano padrini ai battesimi, testimoni ai matrimoni o che li riconoscano come genitori che vogliono battezzare un bambino adottato o acquistato, perché vedono un ostacolo insormontabile nel persistere di tali persone a vivere nel peccato senza pentimento, e in questo momento è imprevedibile cosa ciò possa provocare nella loro vita sacerdotale. Probabilmente avremo l’opportunità di vedere in un futuro relativamente prossimo se i vertici della Chiesa vorranno riconoscere a queste persone il diritto di fare appello alla loro coscienza o se le costringeranno ad offendere quella voce di Dio in loro come sono stati costretti a fare durante il periodo dell’epidemia del corona virus.

Ci sembra che la coscienza dei vescovi conservatori sia ancora più esposta alla mancanza di rispetto, perché in passato, in caso di attacchi mediatici e di altro tipo, potevano rivolgersi alla Congregazione per la Dottrina della Fede, aspettandosi una risposta ortodossa e usarla per mettere a tacere tutte le obiezioni, come ha fatto mons. Zornoza, e ora da quell’Istituzione possono aspettarsi attacchi anziché sostegno, mentre le pressioni diventeranno sempre più feroci. In questo senso vale la pena ricordare il fatto che questa mattina Papa Francesco ha sollevato mons. Joseph E. Strickland, il sessantacinquenne ortodosso e pio vescovo della diocesi di Tyler negli Stati Uniti e questo atto è stato visto da molti come un’epurazione e un avvertimento a tutti gli altri prelati su cosa aspettarsi se non seguono le sue indicazioni.

Vediamo però la luce in fondo al tunnel nelle nuove vocazioni sacerdotali, che in verità, soprattutto in Europa, stanno drasticamente diminuendo, ma parliamo di giovani dedicati a Dio e agli uomini e consapevoli di aver ricevuto una missione nell’ordine sacro per la quale è importante che testimonino con la loro vita la bellezza della legge divina e naturale e difendano la santità e l’ortodossia della Chiesa. In questa luce è piacevole sottolineare il fatto che, secondo la loro stessa testimonianza, molti di loro, prima di entrare in seminario, si sono nutriti spiritualmente e intellettualmente in quei siti Internet dove la Parola di Dio viene annunciata con chiarezza e che rimane con loro in costanza.

Ovviamente, la luce in fondo al tunnel è la parola di Colui che ha chiaramente annunciato nelle Sacre Scritture la sua volontà sui comportamenti omosessuali e transessuali. Sul comportamento omosessuale o omoaffettivo in Lev 18,22; 20,13; Rm 1,21-27; 1 Cor 6,9-11; 1 Tim 1,8-10; Gb 1,7, e sul travestimento e sul comportamento transessuale in Dt 22,5; Rm 1,24-27 e 1 Cor 11,3-15.


Originale in croato di 11 novembre 2023