Sulla rimozione dei vescovi
Una versione italiana abbreviata è disponibile qui
Testo originale croato del 28 novembre 2023
I fedeli di Cristo hanno il dovere religioso, morale e giuridico, secondo gli insegnamenti della fede cattolica (Catechismo della Chiesa Cattolica, numero 907), nonché secondo le norme ecclesiastiche (canone 212 § 3. del Codice di Diritto Canonico), di esprimere ai pastori il loro pensiero (sententiam) su ciò che è per il bene della Chiesa e informare di questo gli altri credenti in Cristo.
Questo testo presenta fatti teologici e giuridici riguardanti l’allontanamento di un vescovo diocesano, Joseph Edward Strickland, senza giusto processo, giustizia, equità e misericordia, nonché altri tre casi simili nel 2014, 2018 e 2022 (il defunto Rogelio Ricardo Livieres Plano, Martin David Holley e Daniel Fernández Torres). Vengono considerati concetti o domande: il rapporto tra il legislatore e i soggetti della legge, in cosa consistono il significato e i requisiti dell’imperio del diritto, quali sono i limiti dell’autorità ecclesiastica, il diritto divino nel codice canonico, qual’ è la perdita dell’autorità ecclesiastica circa la perdita del servizio ecclesiastico al raggiungimento di una certa età, quando il vescovo diocesano cessa di essere vescovo diocesano, sull’importanza della lingua latina e sull’abbandono di essa, sull’imprecisione della rubrica del bollettino quotidiano della Santa Sede, cosa dicono i comunicati sui vescovi rimossi e sull’affidamento temporaneo di quelle diocesi, che è il contenuto giuridicamente rilevante dell’annuncio, se i vescovi rimossi dall’incarico hanno cessato il loro servizio in conformità con il canone 196.
Si conclude che la privazione dell’ufficio episcopale può essere solo a seguito di una condanna penale. Si parla degli ordinamenti giudiziari della Chiesa cattolica, si considera a chi è destinata in realtà la presunzione di innocenza, cosa succede quando la Chiesa viene osservata veluti si Deus daretur (come se ci fosse un Dio) e si conclude che il fenomeno osservato è contrario alla Rivelazione, alla Tradizione, alla teologia, alla storia e al diritto canonico. I capitoli sono contrassegnati con lettere dell’alfabeto ebraico.[1]
ALEF. Legislatore e soggetto del diritto
Tutta la fede cristiana è “rationabile obsequium” (osservanza/ ubbidienza/obbedienza ragionevole, Rom 12,1).
Il Papa ha la potestà “ordinaria suprema, piena, immediata e universale” sulla Chiesa (canone 331), ma non ha la potestà assoluta. Poter esercitare la sua potestà sulla Chiesa “liberamente” (canone 331), non dà il diritto di farlo contrariamente ai canoni.
Il Papa è il supremo legislatore umano della Chiesa ed è quindi in un certo senso al di sopra dei singoli canoni del diritto canonico, perché può cambiarli, ma è anche soggetto, in coscienza, ad essi finché sono in vigore. Può aggirare ogni disposizione ecclesiastica, ma non divina, liberandosi (dispensa) dalla loro applicazione, ma può farlo in maniera legale solo nei modi prescritti dalla legge, cioè prendendo una decisione scritta al riguardo.[2] Il fatto che la Chiesa sia una monarchia non significa che lo sia o che, se teme Dio, possa essere autocrazia, dispotismo, dittatura o tirannia.
BET. Significato e requisiti dell’imperio del diritto
L’imperio del diritto è il principio secondo il quale, contrariamente all’arbitrarietà, si agisce in conformità della legge, ovvero un sistema di governo in cui le norme sono rispettate non solo dai soggetti (destinatari delle disposizioni), ma anche dagli stessi detentori del potere (che scrivono le norme di legge). L’idea nasce dal prete cattolico inglese Enrico di Bracton (1210–1268) che lo stesso sovrano deve obbedire a Dio e alle leggi:
“Ma il re stesso non deve essere sotto l’uomo ma sotto Dio e sotto la legge.”[3]
Pertanto, il detentore del potere non è soggetto ad altre persone, ma tutti membri della comunità, compresi il suo leader, sono obbligati ad obbedire alle leggi.
Tre decenni dopo Bracton, simile ha affermato S. Tommaso d’Aquino (1225–1274):
“Il principe è soggetto alla legge. Se qualcuno vincola legalmente un altro, anche lui deve attenersi a quegli obblighi.”[4]
Ecco perché l’insegnamento morale e sociale cattolico sottolinea:
“Secondo il principio dell’imperio del diritto, la supremazia spetta alla legge, non all’arbitrio umano.”[5]
Il requisito dell’imperio del diritto è la determinazione a creare istituzioni affidabili e le modalità per correggere i propri errori. Solo tale impegno dà stabilità, connessione e rilevanza per l’ordinamento giuridico.
L’esistenza di un ordinamento giuridico presuppone la divisione dei poteri: lì dove colui che giudica è il giudice, lì regna la violenza, non la legge.[6] Anche il sovrano non deve infrangere la legge.[7] Nessuno è esente, ma tutti sono ovunque soggetti alla legge.[8]
Nell’Antigone di Sofocle, il re tebano Creonte chiede ad Antigone perché abbia infranto le leggi della città. Lei gli risponde che mortali come sono, le leggi, proclamate da Creonte, non sono certamente abbastanza forti da prevalere legalmente sui decreti non scritti e infallibili degli dei, validi perché lo sono non solo oggi e ieri, ma per sempre, e nessuno sa quando sono stati emanati per la prima volta.[9] La sua affermazione sulla supremazia della legge divina sulla legge umana è molto simile a quella di Socrate alla corte ateniese, o di S. Pietro al Sinedrio (At 5,29) o agli eroi contemporanei della disobbedienza civile come Mahatma Gandhi e Martin Luther King. Benedetto XVI interpreta:
“San Pietro sta davanti alla suprema istituzione religiosa, alla quale normalmente si dovrebbe obbedire, ma Dio sta al di sopra di questa istituzione e Dio gli ha dato un altro “ordinamento”: deve obbedire a Dio. L’obbedienza a Dio è la libertà, l’obbedienza a Dio gli dà la libertà di opporsi all’istituzione.” (Omelia del 15 aprile 2010)
Per uscire dal nichilismo dei sofisti secondo cui il diritto si crea con la forza (cosa che poi continuarono Machiavelli, Spinoza, Hobbes, Nietzsche e Carl Schmitt), Platone, Aristotele, i giuristi romani e San Paolo sostengono l’insegnamento della legge naturale e l’esigenza che la legge debba essere sempre un riflesso del bene e dell’ordine naturale e oggettivo.
GIMEL. Limiti dell’autorità ecclesiastica
Il diritto divino, sia rivelato che naturale, è il fondamento del diritto umano ed è al di sopra del diritto umano. Il diritto canonico non è soltanto un sistema di disposizioni promulgate dall’autorità ecclesiastica. Gesù Cristo ha fondato la Chiesa e gli ha dato una struttura canonica. Lo ha fatto perché il deposito della fede fosse preservato durante la missione di salvezza. Senza quella struttura e quello scopo, anche il papa non ha potere. Ecco perché il Concilio ha affermato che il Magistero non è al di sopra della Rivelazione:
“L’ufficio poi d’interpretare autenticamente la parola di Dio, scritta o trasmessa, è affidato al solo magistero vivo della Chiesa, la cui autorità è esercitata nel nome di Gesù Cristo. Il quale magistero però non è superiore alla parola di Dio ma la serve, insegnando soltanto ciò che è stato trasmesso, in quanto, per divino mandato e con l’assistenza dello Spirito Santo, piamente ascolta, santamente custodisce e fedelmente espone quella parola, e da questo unico deposito della fede attinge tutto ciò che propone a credere come rivelato da Dio.”[10]
Come il Magistero è soggetto alla Rivelazione, così il legislatore è soggetto al Supremo legislatore che ha annunciato la sua volontà nella legge divina e naturale.
San Isidoro di Siviglia scrive: “Il diritto [ius] si chiama così perché è giusto [iustum]”.[11] S. Tommaso d’Aquino lo ripete e spiega:
“E ciò che è giusto è l’oggetto della giustizia. […] La giustizia è, al contrario delle altre virtù, il dirigere una persona nei suoi rapporti con l’altro […], mentre le altre virtù perfezionano la persona solo in ciò che riguarda lui stesso. Ciò che è giusto nelle opere delle altre virtù, secondo cui l’intenzione delle virtù tende al proprio oggetto, è determinato solo dal rapporto con l’esecutore, e il diritto in un atto giusto, si chiama ciò che corrisponde all’ altro secondo una certa uguaglianza, ad esempio, la retribuzione dovuta per il servizio svolto. […] Ecco perché giustizia di fronte alle altre virtù determina particolarmente secondo il suo oggetto, che è chiamato Giusto. Ed è proprio vero.”[12]
“Il concetto diritto era originariamente usato per indicare ciò che è giusto, poi è stato applicato all’arte di sapere cosa è giusto, e poi anche come luogo in cui vie ne distribuita la giustizia […]. E giusto si chiama anche ciò che viene giudicato da colui che ha il dovere di amministrare la giustizia, anche se ciò che prima ha giudicato giudica era ingiusto.”[13]
Interpretare la portata della fede di Cristo: “tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo” (Mt 18,18) in risposta alla domanda se si può assolvere i defunti dai loro peccati, nel 494 papa Gelasio I (492-496) scriveva a tutti vescovi in Dardania e nell’Illirico:
“….riguardo a colui, che si trova davanti al giudizio divino, non ci è permesso, per comando divino, decidere diversamente al di là di quello in cui si è trovato nel suo ultimo giorno”.[14]
Ugualmente lo ha solennemente dichiarato Giovanni Paolo II nel 1994:
“…dichiariamo che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa.”[15]
Pertanto, nessuno, nemmeno il Papa, ha il potere di cambiare ciò che è, come è stato stabilito dalla disposizione divina.
DALED. Legge divina e diritto divino nel codice canonico
Dai tempi dell’Illuminismo, è andata espandendosi la portata della legge naturale sopprimendo quella divina, e certamente, la legge divina si oppone alla legge positiva umana, cioè alla legge che è creata esclusivamente da esseri umani, che include tutte quelle disposizioni legali che sono state adottate ai sensi opportunità rispetto alle mutevoli esigenze della società umana e che possono cambiare nel tempo. Nel XX secolo si spezza il legame tra l’ordine morale e il diritto e si è impone il positivismo giuridico.
Gli oppositori dell’applicazione della legge divina di solito negano che essa sia esclusivamente divina e sottolineano le influenze umane in esso e contrassegnano tali leggi come appartenenti a una certa tradizione culturale. La Chiesa cattolica, divinamente istituita sulla base della missione affidatale da Cristo, è interprete della legge divina dell’Antico e del Nuovo Testamento.
Il Codice di Diritto Canonico del 1983 regola gli istituti di diritto divino in sei canoni:
- la legge divina esenta in alcune materie i minori sotto l’autorità dei genitori o del tutore (canone 98 § 2),
- non sono soggetti a prescrizione i diritti e gli obblighi positivi che rientrano nella legge naturale o divina (canone 199 punto 1),
- per la potenza della legge divina, i credenti hanno l’obbligo e il diritto di accettare e preservare le verità conosciuta riguardo a Dio e alla Chiesa (canone 748 § 1),
- una normativa particolare può impedire una punizione aggiuntiva per aver violato il divino della legge (canone 1315 § 1),
- prescrive punizioni per i chierici che commettono pubbliche offese contro il sesto comandamento di Dio (canone 1395 § 2),
- la violazione della legge divina può essere punita con una punizione adeguata, anche se non lo è prescritto in anticipo quando la particolare gravità della violazione richiede una punizione e la necessità della forza per prevenire o correggere lo scandalo (canone 1399).
Il diritto canonico stabilisce diciotto fatti giuridici immutabili derivanti per divina istituzione o disposizione (ex divina ordinatione) e vanno oltre la volontà del legislatore umano. Essi sono:
- personalità morale della Chiesa cattolica (canone 113 § 1),
- personalità morale della Sede Apostolica (canone 113 § 1),
- coloro che sono insigniti dell’Ordine Sacro sono alla potestà di governo (di giurisdizione) (canone 129 § 1),
- singoli uffici ecclesiastici (canone 145 § 1),
- distinzione dei fedeli a ministri sacri (chierici) e gli altri (laici) (canone 207 § 1),
- uguaglianza nella dignità fra tutti i fedeli (canone 208),
- il diritto dei fedeli a ricevere i sacramenti (canone 213),
- fondazione della dottrina cattolica alla Rivelazione divina (canone 252 § 1),
- struttura gerarchica della gestione della Chiesa (canone 330),
- primato papale (canone 331),
- i vescovi sono collettivi successori degli Apostoli (can. 375 § 1),
- il deposito della fede affidato alla Chiesa (canone 750 § 1),
- il confessore è allo stesso tempo servitore della giustizia e della misericordia divina (canone § 978. §1.),
- sacramenti, compreso il sacramento dell’Ordine (can. 1008),
- coloro che sono costituiti nel sacro Ordine dell’episcopato o del presbiterio ricevono la missione e la facoltà di agire nella persona di Cristo Capo (canone 1009 § 3),
- riserva dell’Ordine Sacro per gli uomini battezzati (canone 1024),
- l’indissolubilità del matrimonio rato e consumato (canone 1141) e
- dovere di fare penitenza (canone 1249).
Si tratta di presunzioni inconfutabili (praesumptio iuris et de iure), cioè presunzioni dello stato giuridico e presunzioni di diritto stesso (presunzioni legali senza possibilità di provare il contrario).
HEI. L’istituzione divina dell’episcopato nella Sacra Scrittura e l’insegnamento della Chiesa
Verso la fine della sua terza missione evangelizzatrice, a Mileto, sulle rive del Mar Egeo nell’anno 57 d.C. San Paolo radunò i vescovi dell’Asia Minore e disse loro:
“Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha
posti [ἔθετο, étheto, posuit]
come vescovi [ἐπισκοπους, episkópūs, episcopos],
a pascere [ποιμαίνειν, poimaínein, regere, governare]
la Chiesa di Dio, che egli si è acquistata con il suo sangue. Io so che dopo la mia partenza entreranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge; perfino di mezzo a voi sorgeranno alcuni a insegnare dottrine perverse [λαλοῦντες διεστραμμένα, lalūntes diestramména, loquentes perversa] per attirare discepoli dietro di sé. Per questo vigilate” (At 20,28-31).
Già da ciò risulta evidente che i vescovi sono un’istituzione di diritto divino perché, non importa quanti pensano che questi siano in loro potere, lo stabilisce lo Spirito Santo. Il Concilio di Trento lo ha dichiarato verità della fede cattolica nella XXIII sessione del 15 luglio 1563. Nella Raccolta dei simboli e delle definizioni e dichiarazioni in tema di fede e costumi Denzinger così riporta la decisione dei padri conciliari.
1764 … nel nuovo Testamento la Chiesa cattolica ha ricevuto dalla istituzione stessa del Signore (ex Domini institutione) il santo visibile sacrificio dell’Eucarestia, bisogna anche confessare che vi è in essa anche il nuovo e visibile sacerdozio…Che poi questo sia stato istituito dallo stesso Signore e salvatore nostro, e che agli apostoli e ai loro successori nel sacerdozio sia stato trasmesso… lo mostra la Sacra Scrittura e lo ha sempre insegnato la tradizione della Chiesa cattolica.
1765 Il ministero annesso ad un sacerdozio così santo è cosa divina (divina res), fu perciò conveniente che, per esercitarlo più degnamente e con maggiore venerazione, nell’ordinata articolazione della Chiesa vi fossero più ordini di ministri e diversi fra loro…
1767 Poiché, poi, nel sacramento dell’Ordine… viene impresso il carattere, che non può essere né cancellato, né tolto, giustamente il santo Sinodo condanna l’opinione di quelli che asseriscono che i sacerdoti del nuovo Testamento hanno solo un potere temporaneo… Se qualcuno afferma che tutti i cristiani, senza distinzione, sono sacerdoti del nuovo Testamento, o che tutti godono fra di essi di uno stesso potere spirituale, allora costui non sembra far altro che sconvolgere la gerarchia ecclesiastica, che è come un esercito schierato a battaglia (Ct 6,3.9); proprio come se, diversamente da quanto insegna il beato Paolo (Ef 4,11, cfr. 1 Cor 12,28-29), fossero tutti apostoli, tutti profeti, tutti evangelisti, tutti pastori, tutti dottori.
1768 Perciò il santo Sinodo dichiara che – oltre agli altri gradi ecclesiastici – appartengono a questo ordine gerarchico specialmente i vescovi, successori degli apostoli, che sono posti (come afferma lo stesso apostolo) dallo Spirito santo a reggere la chiesa di Dio (At 20,28); sono superiori ai sacerdoti; possono conferire il sacramento della cresima, ordinare i ministri della chiesa e compiere le molte altre funzioni, di cui gli altri di ordine inferiore non hanno alcun potere.
1770 Queste sono le cose che in generale è sembrato bene al santo Sinodo insegnare ai fedeli cristiani sul sacramento dell’Ordine. Ed ha stabilito di condannare quanto contrasta con questi insegnamenti con canoni determinati e propri come segue, affinché tutti, con l’aiuto di Dio, attenendosi alla regola della fede, in mezzo alle tenebre di tanti errori, più facilmente potessero conoscere e tenere la verità cattolica.
1776 Se qualcuno dice che nella chiesa cattolica non vi è una gerarchia istituita per disposizione divina (divina ordinatione institutam), e formata di vescovi, sacerdoti e ministri, che venga separato (dalla Chiesa, cioè punito con l’anatema).
Anche i criteri per la scelta del vescovo furono determinati da San Paolo:
“Bisogna dunque che il vescovo [ἐπίσκοπον, epískopon, episcopum] sia irreprensibile, marito di una sola donna, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro. Sappia guidare bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi e rispettosi” (1 Tim 3,2–4).
Visto che sia nella Chiesa d’Oriente che in quella d’Occidente come vescovo per sempre poteva essere ordinato solo un uomo senza moglie, l’espressione “unius uxoris virum” (marito di una sola moglie), la Tradizione, secondo l’analogia del fidanzamento di Cristo con la Chiesa, lo intende come attaccamento del vescovo alla diocesi a lui affidata sotto forma del vincolo (vinculum) così come esiste nel matrimonio: esclusivo e per tutta la vita. Il vincolo non è un legame (tocco, relazione), ma un obbligo, permanente e costante.
VAV. Perdita del servizio religioso
Canone 145 § 1. Il Codice di Diritto Canonico del 1983 stabilisce che si intende l’ufficio ecclesiastico (officium ecclesiasticum) qualunque incarico (munus) costituito stabilmente, per disposizione sia divina sia ecclesiastica, da esercitarsi per un fine spirituale.
Secondo il canone 183 § 1 del Codice del 1917, il servizio ecclesiastico si perde per rinuncia (renuntiatio), privazione (privatio), rimozione, destituzione o allontanamento (amotio), spostamento o trasferimento (translatio) e con lo scadere del tempo prestabilito (lapsu temporis prefiniti). Nel canone 184 § 1 del Codice di Diritto Canonico del 1983 ha aggiunto un sesto motivo per perdita del servizio ecclesiastico: raggiungimento di una certa età definita dal diritto (expleta aetate iure definita).
Il denominatore comune di tutti questi casi è la perdita (amissio) dell’ufficio ecclesiastico.
Nel diritto canonico non esiste l’abdicazione o il licenziamento.
ZAYN. Sulla perdita del ufficio ecclesiastico raggiunti i limiti di una certa età
La natura divina dell’ufficio episcopale è evidenziata anche dal fatto che il diritto canonico non stabilisce che il ministero episcopale cessi al raggiungimento di una certa età, come invece determina per i responsabili i segretari dei dicasteri della Santa Sede[16] o gli avvocati operanti nei procedimenti davanti alla Santa Sede, che il loro servizio termina (“cessano dall’incarico”)[17] al compimento dei settantacinquesimo anno di età, quindi il servizio per gli appartenenti al dicastero della Santa Sede cessa quando raggiungono gli ottant’anni (“decadono dall’incarico”),[18] e che i chierici e religiosi devono ritornare alla diocesi, eparchia o istituzione religiosa a cui appartengono dopo cinque anni di servizio negli organi della Curia Romana.[19]
Per quanto riguarda invece il pensionamento dei vescovi, nel canone 401 si è stabilito:
§ 1. Il Vescovo diocesano che abbia compiuto i settantacinque anni di età è invitato a presentare la rinuncia all’ufficio al Sommo Pontefice, il quale provvederà, dopo aver valutato tutte le circostanze.
§ 2. Il Vescovo diocesano che per infermità o altra grave causa risultasse meno idoneo all’adempimento del suo ufficio, è vivamente invitato a presentare la rinuncia all’ufficio.
Il canone 411 stabilisce che queste disposizioni si applicano anche alla rinuncia all’ufficio per il vescovo coadiutore e il vescovo ausiliare.
CHET. Quando un vescovo diocesano cessa di essere vescovo diocesano?
Il Canone 416 elenca e determina in modo tassativo i quattro casi esclusivi che compongono l’elenco chiuso (numerus clausus) quando “la sede episcopale diviene vacante:
[1.] con la morte del Vescovo diocesano,
[2.] con la rinuncia accettata dal Romano Pontefice,
[3.] con il trasferimento e
[4.] e con la privazione intimata al Vescovo”.[20]
Quindi, tre dei sei modi di perdita dell’ufficio ecclesiastico: rimozione (amotio), trascorso un tempo prestabilito (lapsus temporis praefiniti) e il raggiungimento di una certa età giuridicamente (expleta aetas iure definita) non costituiscono motivo giuridico valido per la cessazione della carica del vescovo diocesano, cioè che la sua cattedra episcopale (sedes) possa ritenersi di diritto vuota (vacat), affinché arrivi il momento della sedia vuota e si possa eleggere un amministratore diocesano o nominare un amministratore apostolico sede vacante (mentre la cattedra è vuota).
TET. Sull’importanza della lingua latina e sull’abbandono di essa
I codici di diritto canonico sono scritti in lingua latina e solo questi testi hanno valore giuridico, non le loro traduzioni.[21] S. Giovanni Paolo II defini il Codice di Diritto Canonico come “la principale raccolta delle leggi ecclesiastiche per la Chiesa latina” e ordinò che “anche in futuro sia valido per l’intera Chiesa latina”.[22]
Cosa rimane della Chiesa latina,[23] nei rapporti regolati dal Codice di Diritto Canonico, se nei suoi testi liturgici, teologici e giuridici[24] non si usa più la lingua latina? O quando nei siti internet dell’autorità ecclesiastica centrale si crea confusione a causa dell’incoerenza (equivocabilità) linguistica con la terminologia giuridica latina inequivocabile?
IOD. Sull’inesattezza nei testi del bollettino quotidiano della Santa Sede
La Sala Stampa della Santa Sede pubblica un bollettino quotidiano in tre lingue: italiano, castigliano e in inglese. Una rubrica appare quasi quotidianamente su questo giornale ufficiale e secondo i comunicati della Santa Sede, si legge:
- Italiano: Rinunce e nomine,
- Castigliano: Renuncias y nombramientos (rinunce e nomine),
- Inglese: Resignations and Appointments (dimissioni e appuntamenti).
In relazione alle rinunce, non vi si pubblica quando un vescovo presenta al Papa la rinuncia dal servizio attivo per motivi di salute o di età, ma solo se il Papa accetta tale rinuncia (come prescritto dal canone 401). Nella stessa rubrica vengono pubblicate anche altre notizie relative al personale, le quali non riguardano ne rinunce né nomine.[25]
KAF. Cosa dicono i comunicati sui vescovi rimossi?
Nella rubrica citata, pur non corrispondendo a quanto indicato nel titolo, sempre come ultime notizie, si comunica, inoltre, che il Papa ha:
- proceduto alla nomina d’un successore a (“ha procedido a la sucesión”),
- “ha provveduto all’avvicendamento”;
- proceduto alla sostituzione (“has proceeded with the replacement”;
- “sollevato”,
- revocato (“revocado”),
- rilasciato (“relieved”),
- privato /d’ufficio/ (“relevado”),
- rimosso (“removed”)
qualche vescovo.
L’evento stesso si chiama:
- “avvicendamento”,
- decisione difficile (“ardua decisión”),
- “gravosa decisione”,
- decisione seria (“grave decision”),
- “sollevamento”,
- sostituzione (“relevo”),
- rimozione/destituzione/licenziamento/sostituzione (“removal”).
Ecco le fonti:
Data |
Italiano |
Castigliano |
Inglese |
25.9.2014 |
Avvicendamento, ha provveduto all’avvicendamento, avvicendamento, ha provveduto all’avvicendamento, gravosa decisione |
has proceeded with the replacement of Bishop, grave decision |
|
24.10.2018 |
|||
9.3.2022 |
Sollevamento, ha sollevato dal governo pastorale della Diocesi |
Relevo, ha relevado a… del cuidado pastoral de la Diócesis |
Removal, has relieved Bishop… from the pastoral care of the diocese |
11.11.2023 |
Sollevamento, ha sollevato dal governo pastorale della Diocesi |
Removal, has removed Bishop… from the pastoral care of the diocese |
LAMED. Cosa riportano i comunicati sull’affidamento temporaneo di quelle diocesi?
Data |
Italiano |
Castigliano |
Inglese |
25.9.2014 |
ha nominato Amministratore Apostolico sede vacante; ha nominato Amministratore Apostolico della medesima sede, ora vacante |
nombrando Administrador Apostólico de la misma sede, ahora vacante |
He has appointed… as Apostolic Adminostrator of the now vacant diocese |
24.10.2018 |
ha nominato Amministratore Apostolico sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis |
ha nombrado Administrador apostólico sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis |
has appointed as apostolic administrator sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis |
9.3.2022 |
ha nominato Amministratore Apostolico ad nutum Sanctae Sedis |
ha nombrado Administrador Apostólico ad nutum Sanctae Sedis |
has appointed apostolic administrator ad nutum Sanctae Sedis |
11.11.2023 |
ha nominato… Amministratore Apostolico della Diocesi resasi vacante |
ha nombrado a… administrador apostólico de la diócesis vacante, |
has appointed… apostolic administrator of the same diocese, rendering it sede vacante |
MEM. Qual’ è il contenuto giuridicamente rilevante del comunicato stampa?
Dai comunicati sopra menzionati risulta evidente:
- che non vi è riferimento ad alcun canone,
- che il Papa ha deciso che per questi vescovi cessi la “gestione pastorale della diocesi”, cioè il servizio del Vescovo diocesano o dell’Ordinario del luogo,
- che non viene notificato alcun procedimento canonico (penale, contenzioso o amministrativo),
- che il Papa ha nominato temporaneamente amministratori apostolici a capo delle suddette diocesi,
- che con ciò agli amministratori apostolici vengono attribuiti titoli disuguali: sede vacante (in tre casi su quattro), ad nutum Sanctae Sedis (in due casi su quattro) e sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis (una volta su quattro).
Ad nutum è un termine latino che significa “per volere” (nutus, us, m.: chinarsi, annuire, agitare, fare cenno, comandare, esigere), cioè che chi ha affidato il mandato ad altro ha il diritto di revocarlo, senza spiegare le ragioni di tale decisione. È strano che sia pubblicato come il nominato ha mandato ad nutum e non esiste alcuna parola sullo status dell’allontanato.
Dal punto di vista canonico, la cosa più rilevante di quegli comunicati è che la sede episcopale è in quelle diocesi è divenuta vacante, per cui viene nominato un amministratore apostolico fin tanto che la cattedra rimane vacante (sede vacante). Così è stato fatto in tre casi su quattro, mentre per il caso del 2022 non è stata pubblicata la posizione canonica della sede vescovile, se è:
- impedita, come avvenne al beato Luigi Stepinac quando era detenuto in carcere e durante gli arresti domiciliari),
- riempita (plena), come nel caso di un amministratore eletto o nominato durante la malattia del vescovo diocesano o,
- non riempita, lasciata libera o vuota (vacante), che può verificarsi solo in quattro casi prescritti dal canone 416.
NUN. Questi vescovi sono stati rimossi dall’incarico?
Nel manuale del diritto canonico si sottolinea:
“La rimozione è privare il destinatario del servizio, cioè separare il destinatario dal servizio, senza obblighi di prestargli un altro servizio, come nel caso di un trasferimento… Di per sé, l’allontanamento non comprende la punizione per un reato. I servizi ecclesiali sono servizi pubblici nella Chiesa e come tali creano tra il titolare e la Chiesa un rapporto giuridico disciplinato specificatamente dal diritto canonico con propri canoni: modi di nomina, incarico, servizio, prevede anche ammonizioni, sospensioni, censure (can. 1331-1334), divieti al servizio, trasferimento (cfr can. 1336 § 1. n. 4) nei casi in cui il rapporto non è compatibile con le leggi disciplinari ecclesiastiche, cioè con la regola del servizio.
La rimozione (amotio) (can. 192-195) non deve essere confusa con la privazione (privatio) (can. 196). La differenza tra rimozione e privazione consiste cioè principalmente in questo: mentre l’allontanamento dal servizio è effettuato per motivi disciplinari o pastorali, per il bene comune, spesso senza dolo o colpa del titolare del servizio, mentre nella privazione, c’è sempre un significato penale ed è sempre una sorta di punizione contro un crimine o una trasgressione, cioè errori del titolare.”[26]
La destituzione dall’ufficio è regolato dal canone 193. Secondo l’originale e le traduzioni del Codice di Diritto Canonico, sul sito della Santa Sede, il termine viene definito:
- latino: amotio,
- inglese: removal,
- castigliano: remoción,
- portoghese: remoção,
- italiano: rimozione.
Le seguenti traduzioni possono considerarsi approvate poiché sono disponibili su quel server, ma va notato che usano differenti espressioni:
- bielorusso: звальненне, zvaljnenne (licenziamento),
- francese: révocation (revoca),
- tedesco: Amtenthebung (privazione dell’incarico),
- russo: отстранение от должности, otstranenie ot dolžnosti (rimozione dal servizio).
Secondo le traduzioni approvate dalle conferenze episcopali nazionale, si chiama:
- ceco: odstranění z úřadu (destituzione dall’incarico),
- croato: uklanjanje (rimozione),
- polacco: odwołanie (revoca),
- slovacco: odvolanie (revoca),
- sloveno: odstranitev (rimozione),
Nei citati comunicati dell’Ufficio Stampa della Santa Sede, però, viene utilizzata solo la versione inglese del termine canonico removal (rimozione in inglese). Invece in italiano nel titolo del comunicato c’è sollevamento, che non è un termine del canone 193. Allo stesso modo, in castigliano il titolo del comunicato è relevo, che significa cambio, anch’esso non è un termine canonico 193.
I testi dei comunicati, infatti, non utilizzano il verbo rimuovere, né la frase della traduzione del canone 193 in italiano e castigliano, ma altri verbi: ha sollevato dal governo pastorale, ha revocado el gobierno pastoral, ha relevado del gobierno pastorale (rimosso dalla gestione pastorale). Infine, anche l’inglese non sempre segue il verbo del Codice, ma: has relieved Bishop… from the pastoral care of the diocese (ha sollevato il Vescovo… dalla cura pastorale della diocesi).
Quale comunicato è autentica? Quello in cui è contenuto il termine del canone 193 o quelli in cui si è da questi deviato?
Oltre al sospetto che la rimozione non potesse essere effettuata o, se lo fosse, che sia stata effettuata contro i canoni, indicano le seguenti disposizioni:
Canone 192. Una persona viene rimossa dall’ufficio sia per decreto legittimamente emesso dall’autorità competente, osservati i diritti acquisiti eventualmente dal contratto, sia per il diritto stesso a norma del canone 194 [questi sono: chi ha perso lo stato clericale; chi ha abbandonato pubblicamente la fede cattolica o la comunione della Chiesa e il chierico che si è sposato].[27]
Canone 193. § 1. Non si può essere rimossi dall’ufficio che viene conferito a tempo indeterminato, se non per cause gravi e osservato il modo di procedere definito dal diritto.[28]
Canone 193 § 4. Il decreto di rimozione, per sortire effetto, deve essere intimato per iscritto.[29]
Considerato che i comunicati ufficiali non fanno riferimento ad alcun canone e che vengono utilizzate espressioni non previste dal diritto canonico, che non sono concordi tra loro, né uniformi, e che le decisioni stesse non sono state pubblicate, non è possibile dire con certezza cosa sia successo.
Ma si può dire che ciò non è avvenuto.
SAMECH. L’ufficio di questi vescovi è cessato secondo il diritto canonico?
No. Perché il canone 416 non prevede che la rimozione (amotio, removal) sia la modalità attraverso cui la cattedra vescovile può diventare vacante.
Papa Francesco ha emesso finora 48 motu proprio; con 11 motu proprio, due costituzioni, due rescritti e con una istruzione ha cambiato il Codice di Diritto Canonico, ha cambiato 157 canoni (su 1752), alcuni due volte (canone 700), ma il canone 416 non è stato modificato.
PE. L’ufficio di questi vescovi avrebbe potuto concludersi con la privazione?
Sì. Questo perché il canone 416 stabilisce che la privazione (privatio, privation) è il modo in cui la cattedra vescovile può diventare vacante. Il presupposto è che il vescovo sia informato della privazione (canone 416), e prima ancora che si compia quanto prescritto dal canone 196:
§ 1. La privazione dell’ufficio, vale a dire in pena di un delitto, può essere effettuata solamente a norma del diritto.
§ 2. La privazione sortisce effetto secondo le disposizioni dei canoni sul diritto penale.[30]
AYIN. Sono soddisfatti i prerequisiti prescritti dal canone 196?
Non lo sono, perché per nessuno di questi casi non ci sono dati che sia stata eseguita una procedura penale canonica, infatti, diversi vescovi deposti hanno affermato che non è stata eseguita alcuna procedura, anzi non sono stati informati neppure dei motivi dell’allontanamento.
TZADI. La privazione dell’ufficio episcopale potrebbe essere solo conseguenza di una condanna penale
Fino al 7 dicembre 2021, secondo il canone 1336, § 1, punto 2, un delinquente poteva essere condannato in perpetuo oppure per un tempo prestabilito o indeterminato alla pena espiatoria (poena expiatoria) della privazione (privatio). Si poteva togliere: la potestà (potestas), l’ufficio (officium), l’incarico (munus), il diritto (ius), il privilegio (privilegium), la facoltà (facultas), la grazia (gratia), il titolo (titulus), l’insegna (insigne), anche se semplicemente onorifica.
Dall’8 dicembre 2021, viene modificato il canone 1336 § 4, secondo il quale al colpevole è comminata la pena della privazione in perpetuo oppure per un tempo prestabilito o indeterminato per privarlo:
1º di tutti o alcuni uffici, incarichi, ministeri (ministerium) o funzioni o solamente di alcuni compiti inerenti agli uffici o incarichi;
2º della facoltà di ricevere le confessioni o della facoltà di predicare;
3º della potestà delegata di governo (potestas regiminis);
4º di alcuni diritti o privilegi o insegne o titoli;
5º di tutta la remunerazione ecclesiastica o di parte di essa.
Apostasia, eresia, scisma, blasfemia, partecipazione all’aborto, attacco fisico al Papa, la consacrazione arbitraria dei vescovi, il tentativo di condividere l’Ordine sacro a una donna, la violazione del segreto confessionale, la benedizione dei peccati sono i veri motivi per cui a qualcuno cessi il ministero episcopale.
La Chiesa ha accolto le parole di Isaia: “Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l’amaro in dolce e il dolce in amaro.” (5,20) nel rito della consacrazione episcopale affinché il pastore di Cristo fosse avvertito di ciò che avrebbe potuto procurarsi con l’esercizio indegno del suo ufficio.
In due regolamenti che ha approvato: il motu proprio Come una madre amorevole (2016) e il motu proprio Vos estis lux mundi (2019), Papa Francesco ha ampliato l’elenco dei crimini per i quali un vescovo può essere messo sotto accusa, essere privato dell’ufficio per la negligenza nell’esercizio del suo ufficio, in particolare relativamente ai casi di abusi sessuali compiuti su minori ed adulti vulnerabili, delitti contro il sesto comandamento del Decalogo, se ostacola o elude le indagini su delitti sessuali. Tuttavia, in tutti questi casi, la perdita d’ufficio secondo il diritto canonico può avvenire solo dopo che sia stata eseguita una procedura canonica chiaramente prescritta, accertata la colpevolezza e la punizione sia stata pronunciata per iscritto.
Il delitto verbale è diventato un reato peggiore di tutti quelli per i quali si può imporre una punizione in un procedimento penale per il quale i delinquenti degli abusi hanno diritto alla difesa e al processo, ma i vescovi no?
QUF. Organi giudiziari della Chiesa cattolica
Ius (diritto), come si è detto, è definito come ciò che è giusto, e iudicium (giudizio) come pronuncia di ciò che è giusto.
Giurisdizione sostanziale esclusiva dei tribunali ecclesiastici e giurisdizione esclusiva del diritto canonico sono prescritte dal canone 1401:
- nelle cause che riguardano cose spirituali e annesse alle spirituali;
- sulle violazioni delle leggi ecclesiastiche e su tutto ciò in cui vi è ragione di peccato, per quanto concerne lo stabilirne la colpa ed infliggere pene ecclesiastiche.
Il Papa è esclusivamente competente a giudicare i Vescovi nelle cause penali (canone 1405 § 1. punto 3). La Rota romana è esclusivamente competente a giudicare i Vescovi nelle cause contenziose (canone 1405 § 3.). Tutti gli altri tribunali non hanno assolutamente la competenza in queste cause (canone 1406 § 2).
“Il Romano Pontefice è giudice supremo in tutto l’orbe cattolico, e giudica o personalmente o tramite i tribunali ordinari della Sede Apostolica oppure per mezzo di giudici da lui delegati” (can. 1442).
Il giudizio del Papa è definitivo, contro di esso si dà luogo all’appello (canone 1629 punto 1).
RESH. Presunzione di innocenza
Nel 2021 Papa Francesco ha modificato la legge penale canonica inserendovi la presunzione di innocenza:
“Chiunque è ritenuto innocente finché non sia provato il contrario” (canone 1321 § 1).[31]
Chi è o questo “chiunque” adesso? Oppure a chi è destinata la presunzione di innocenza?
Nel discorso alla Rota Romana del 18 febbraio 2023, Papa Francesco ha sottolineato:
“Il diritto ecclesiastico appare strettamente connesso con la vita della Chiesa, come suo aspetto necessario, una forma di giustizia nella conservazione e trasmissione dei beni salutari.”
SIN. Quando la Chiesa si osserva, veluti si Deus daretur (come se avesse Dio)
Nel 2021, Papa Francesco ha modificato la legge penale canonica includendovi il canone 1311. § 2.:
“Chi presiede nella Chiesa, deve custodire e promuovere il bene della stessa comunità e dei singoli fedeli, con la carità pastorale, con l’esempio della vita, con il consiglio e l’esortazione e, se necessario, anche con l’inflizione o la dichiarazione delle pene, secondo i precetti della legge, che sempre devono essere applicati con equità canonica, e tenendo presente la reintegrazione della giustizia, la correzione del reo e la riparazione dello scandalo.”[32]
Non ha detto Gesù: “in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato” (Mt 12,37)?
TAU. Contro la Rivelazione, la Tradizione, la teologia, la storia e il diritto canonico
Il papato non è un sacramento, ma un munus. In termini di sacramento dell’Ordine, il Papa è un vescovo come gli altri vescovi. Lui ha il diritto e l’obbligo di dotare le Chiese territoriali di nuovi pastori, ma neanche la Rivelazione, né la Tradizione, né la teologia, né la storia, né il diritto canonico gli danno autorità, né la giustificazione che li possa licenziare o privare del servizio a sua discrezione, contrariamente all’ordine canonico, né che lo faccia con assenza di chiarezza su cosa si tratti esattamente.
Il potere delle chiavi non include il diritto che i fratelli nel vescovato, ai quali per la disposizione divina è stata affidata una Chiesa particolare, possono essere deposti o dismessi senza la procedura prescritta.
[1] Con le lettere dell’alfabeto ebraico sono contrassegnati i passaggi dei Salmi 9–10, 25, 34, 37, 111, 112, 119, 145; Libri delle Lamentazioni 1, 2, 3, 4 e Nahum 1.
[2] Il canonista Gerald Edwin Murray sottolinea: “Il papa è obbligato a osservare la legge ecclesiastica a meno che ciò non sia ‘giustificato per ragionevole motivo’ / ‘altrimenti il perdono è inammissibile’/ (canone 90) decide ‘in un caso individuale’ di rilasciare il suo disposto (canone 85). Allora dovrebbe essere emessa una decisione in merito. Se ci si libera dall’obbligo di emettere una decisione scritta come richiesto dai canoni 48 e 51, o dall’obbligo ‘di consultare, per quanto possibile, coloro i cui diritti potrebbero essere violati’ (canone 50), l’atto stesso della liberazione (dispensa) dovrebbe essere compiuto mediante decisione scritta. Tale decisione dovrebbe almeno fornire una breve spiegazione della risoluzione (canone 51). Se si libera dal dover dare ragioni sulle sue auto deliberazioni, ciò dovrebbe avvenire con una decisione scritta.”
[3] Henricus Bracton, De legibus et consuetudinis Angliae (1235), ed. George E. Woodbine, volume II, New Haven: Yale University Press, 1922, p. 33: “Ipse autem rex non debet esse sub homine sed sub Deo et sub lege.”
[4] S. Tommaso d’Aquino, Summa theologiae, I–II, q. 96, a. 5, ad 3: “princeps subditur legi… quod quisque iuris in alterum statuit, ipse eodem iure uti debet.”
[5] S. Giovanni Paolo II, enciclica Centesimus annus (1° maggio 1991), n. 44: “Hoc est «Civitatis iuris» principium, in qua non arbitrariae voluntates hominum, at leges potissimum dominantur” / “This is the principle of the “rule of law”, in which the law is sovereign, and not the arbitrary will of individuals”; Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1904; Compendio, n. 406.
[6] Regola di diritto romano: “Ubi iudicat qui accusat, vis, non lex, valet.”
[7] Regola di diritto romano: “Lex non a rege est violanda.”
[8] Regola di diritto romano: “Nemo est exemptus et legibus undique demptus.”
[9] Sofocle, Antigone, III rango, linee 453–455: οὐδὲ σθένειν τοσοῦτον ᾠόμην τὰ σὰ κηρύγμαθ᾽, ὥστ᾽ ἄγραπτα κἀσφαλῆ θεῶν νόμιμα δύνασθαι θνητὸν ὄνθ᾽ ὑπερδραμεῖν – ūdè sthénein tosū͂ton ōiómēn tà sà kērúgmath᾽, hṓst᾽ ágrapta kasphalē̃ theō̃n nómima dýnasthai thnētòn ónth᾽ hyperdrameĩn.
[10] Concilio Vaticano II, Costituzione dogmatica Dei Verbum sulla divina rivelazione (18 novembre 1965), n. 10: “Munus autem authentice interpretandi verbum Dei scriptum vel traditum soli vivo Ecclesiae Magisterio concreditum est, cuius auctoritas in nomina Iesu Christi exercetur. Quod quidem Magisterium non supra verbum Dei est, sed eidem ministrat, docens nonnisi quod traditum est, quatenus illud, ex divine mandate et Spiritu Sancto asistent, pie audit, sancte custodiat et fideliter exponit, ac ea omnia ex hoc a fidei deposit haurit quae tamquam divinitus otkrio credenda proponit.”
[11] S. Isidoro di Siviglia, Etymologiarum, liber V, capitolo III, 1.
[12] S. Tommaso d’Aquino, Summa theologiae, II–II, q. 57, a. 1, Sed contra: “ius dictum est quia est iustum. Sed iustum est obiectum iustitiae”; Rispondo: “iustitiae proprium est inter alias virtutes ut ordinet hominem in his quae sunt ad alterum. […] Aliae autem virtutes perficiunt hominem solum in his quae ei conveniunt secundum seipsum. illud quod est rectum in operibus aliarum virtutum, ad quod tendit intentio virtutis quasi in proprium obiectum, non accipitur nisi per comparationem ad agentem. Rectum vero quod est in opere iustitiae, etiam praeter comparationem ad agentem, constituitur per comparationem ad alium, illud enim in opere nostro dicitur esse iustum quod respondet secundum aliquam aequalitatem alteri, puta recompensatio mercedis debitae pro servitio impenso. Et propter hoc specialiter iustitiae prae aliis virtutibus determinatur secundum se obiectum, quod vocatur iustum. Et hoc quidem est ius.”
[13] S. Tommaso d’ Aquino, Summa theologiae, II–II, q. 57, a. 1. articolo, ad 1: “nomen ius primo impositum est ad significandum ipsam rem iustam; postmodum autem derivatum est ad artem qua cognoscitur quid sit iustum; et ulterius ad significandum locum in quo ius redditur […] dicitur etiam ius quod redditur ab eo ad cuius officium pertinet iustitiam facere, licet etiam id quod decernit sit iniquum.”
[14] Andreas Thiel, Epistolae Romanorum pontificum genuinae, tomus I, Brunsbergae, 1868, p. 385: “Nec quisquam omnino vobis persuadeat, Acacio praevaricationis suae crimen fuisse laxatum, quia qui postquam in collegium recidens pravitatis jureque meruit ab apostolica communione secludi, in hac eadem persistens damnatione defunctus est, absolutionem, quam superstes nec quaesivit omnino nec meruit, mortuus jam non potest impetrare; siquidem ipsis apostolis Christi voce delegatum Matth. est: Quae ligaveritis super terram, et quae solveritis super terram. 18, 18. Ceterum jam de eo, qui in divino est judicio constitutus, nobis fas non est aliud decernere praeter id, in quo eum dies supremus invenit; atque ideo nisi ejus nomine refutato ceterisque consortibus hujus erroris, cum nullo prorsus eorum participare debetis mensae dominicae puritatem, quam majores nostri semper ab haeretica magnopere servaverunt pollutione discretam.”
[15] S. Giovanni Paolo II, lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis (22 maggio 1994), n. 4: “Ut igitur omne dubium auferatur circa rem magni momenti, quae ad ipsam Ecclesiae divinam constitutionem pertinet, virtute ministerii Nostri confirmandi fratres (Luc. 22, 32), declaramus Ecclesiam facultatem nullatenus habere ordinationem sacerdotalem mulieribus conferendi, hancque sententiam ab omnibus Ecclesiae fidelibus esse definitive tenendam.”
[16] Articolo 5 § 1 – Costituzione apostolica Pastor bonus (28 giugno 1988).
[17] Articolo 185 § 2 – Costituzione apostolica Pastor bonus (28 giugno 1988) e articolo 240 § 2 – Costituzione apostolica Praedicate evangelium (19 marzo 2022).
[18] Articolo 5 § 1 – Costituzione apostolica Pastor bonus (28 giugno 1988) e articolo 17 § 3 – Costituzione apostolica Praedicate evangelium (19 marzo 2022).
[19] Articolo 17 § 4 della Costituzione apostolica Praedicate evangelium (19 marzo 2022).
[20] Can. 416: “Sedes episcopalis vacat Episcopi dioecesani morte, renuntiatione a Romano Pontifice acceptata, translatione ac privatione Episcopo intimata.”
[21] Per ordine di Papa Giovanni Paolo II, il Segretario di Stato, il Cardinale Agostino Casaroli ha pubblicato il 28 gennaio 1983 il Regolamento sulla tutela del testo latino del Codice di Diritto Canonico e sulla sua traduzione nelle altre lingue, in cui si sottolinea: “Solo il testo latino ha forza pubblica ed effetto del Codice di Diritto Canonico”. – Secretaria Status, Normae de Latino textu Codicis Iuris Canonici tuendo eodemque alias in linguas convertendo, in: Communicationes, 15 (1983), pagina 41: “Publicam vim et efficacitatem Codicis Iuris Canonici habet textus unus Latinus.”
[22] S. Giovanni Paolo II, costituzione apostolica Sacrae disciplinae leges (25 gennaio 1983): “princeps legum ecclesiasticalum Corpus pro Ecclesia latina”, “praesentem Codicem… vim legis habere posthac pro universa Ecclesia latina iubemus.”
[23] Così, il Codice di Diritto Canonico chiama i soggetti ad esso sottoposti la Chiesa latina (Ecclesia Latina), nei canoni 1, 111 §§ 1 e 2, 112 § 1 punti 2 e 3, 438, 926. Quindi non solo la Chiesa di lingua latina (canone 928), Chiesa di rito latino (can. 1109). In esso sono presenti il Romano Pontefice, i cardinali di Santa Romana Chiesa, la Curia Romana e la Rota Romana.
[24] Le Costituzioni Apostoliche: Episcopalis communio sul Sinodo dei Vescovi del 18 settembre 2018, Praedicate evangelium sulla Curia Romana e il suo servizio alla Chiesa nel mondo dal 19 marzo 2022 e In Ecclesiarum communione alla comunione ecclesiale riguardante l’organizzazione del Vicariato Romano dal 6 gennaio 2023 – non hanno a disposizione un testo latino in originale. Le esortazioni apostoliche: Evangelii gaudium (24 novembre 2013), Christus vivit (25 marzo 2019), Querida Amazonia (2 febbraio 2020), Laudate Deum (4 ottobre 2023) e C’est la confiance (15 ottobre 2023) – non hanno a disposizione il testo nell’originale latino. Dei 48 motupropri che papa Francesco ha portato tra l’11 luglio 2013 e il 1 novembre 2023, il testo di 29 di essi non è disponibile in latino, anche per i sette che hanno il titolo in latino: Fidelis dispensator et prudens (24 febbraio 2014), Aperuit illis (30 settembre 2019), Ab initio (21 novembre 2020), Antiquum ministerium (10 maggio 2021), Ad charisma tuendum (14 luglio 2022), Fidem servare (11 febbraio 2022) e Ad theologiam promovendam (1° novembre 2023).
[25] Sembra che un titolo più appropriato della sezione sarebbe:
- Preoccupazione per tutte le Chiese (Sollicitudo omnium Ecclesiarum, Care for all the Churches, Preocupación por todas las Iglesias, secondo 2 Cor 11,28), oppure
- Provissioni (Provisiones, Provisiónes, Provisions) dei servizi ecclesiastici, secondo il titolo sopra del canone 146, o
- Conferimento (Collatio, Colación, Conferral) dei servizi ecclesiastici, secondo il titolo del canone 157, o
- Affidamento (Entrustment) di servizi ecclesiastici, o
- Emeritazioni e promozioni, o
Gestione delle risorse umane (Human Resources Management).
[26] Jure Brkan, Opće odredbe Zakonika kanonskoga prava [Norme generali del Codice di diritto canonico], Makarska: Franjevačka teologija, 1997, p. 349.
[27] Can. 192: „Ab officio quis amovetur sive decreto ab auctoritate competenti legitime edito…”
[28] Can. 193 § 1: “Ab officio quod alicui confertur ad tempus indefinitum, non potest quis amoveri nisi ob graves causas atque servato procedendi modo iure definito.”
[29] Can. 193 § 4: “Decretum amotionis, ut effectum sortiatur, scripto intimandum est.”
[30] Can. 196 § 1: “Privatio ab officio, in poenam scilicet delicti, ad normam iuris tantummodo fieri potest. § 2. Privatio effectum sortitur secundum praescripta canonum de iure poenali.”
[31] Can. 1321 § 1: “Quilibet innocens censetur donec contrarium probetur.”
[32] Can. 1311 § 2: “Qui Ecclesiae praeest bonum ipsius communitatis singulorumque christifidelium tueri ac promovere debet caritate pastorali, exemplo vitae, consilio et adhortatione et, si opus sit, etiam poenarum irrogatione vel declaratione, iuxta legis praecepta semper cum aequitate canonica applicanda, prae oculis habens iustitiae restitutionem, rei emendationem et scandali reparationem.”